Per l’Agìmus Festival, mercoledì 13 agosto, nell’Arena Castello di Mola di Bari, il capolavoro verdiano “Rigoletto” di cui Katia Ricciarelli firma la regia
MOLA DI BARI – È un «Rigoletto» nel solco della tradizione quello che la regista Katia Ricciarelli, una grande carriera da soprano, propone per la chiusura dell’AgìmusFestival mercoledì 13 agosto, alle 21.00, nell’Arena Castello di Mola di Bari, dov’è stata pensata in versione «en plein air» una messa in scena di alto profilo artistico con le scene di Damiano Pastoressa e i costumi della Sartoria Shangrillà e un cast vocale nel quale il baritono Valentino Salvini è stato chiamato a rendere la triplice dimensione del personaggio, padre, buffone e uomo deforme del ruolo del titolo.
Il soprano Diana Nur indosserà le vesti della figlia Gilda, disonorata dal Duca di Mantova, a sua volta impersonato dal tenore Mario Greco, mentre le parti di Sparafucile e Maddalena sono state rispettivamente affidate al basso Devis Fugolo e al contralto Svitlana Melnyk. Insomma, un cast vocale internazionale formato da artisti di chiara fama e da giovani attentamente selezionati e formati da La Camerata delle Arti, coinvolti nel progetto con l’Orchestra Sinfonica 131 della Basilicata diretta da Francesco Zingariello e il Coro Opera Studio.
Verdi considerava Rigoletto la sua creatura più riuscita. La critica concorda: nessun’altra sua opera possiede un perfetto equilibrio tra elementi lirici e drammatici. Senza considerare la sfilza di motivi famosi che ne decretarono il successo. L’opera è piena di temi celebri, dall’aria del protagonista “Cortigiani, vil razza dannata” alla canzone del Duca di Mantova “La donna è mobile”, dal duetto della “vendetta” tra Gilda e Rigoletto al quartetto “Bella figlia dell’amore”. E ce n’è ancora. Praticamente un’antologia. E pensare che ai tempi del debutto, avvenuto alla Fenice di Venezia nel 1851, qualcuno scrisse che quest’opera, la prima della cosiddetta «trilogia popolare» completata da «Trovatore» e «Traviata», mancava d’invenzione. Senza considerare che un personaggio come Rigoletto, con una così pronunciata centralità, forse non c’era mai stato prima.
«È un’opera che amo moltissimo – racconta Katia Ricciarelli – ha se, curiosamente, ho interpretato il ruolo di Gilda una volta sola. Lo consideravo un ruolo da soprano un po’ più leggero del solito. Ma è un titolo che conosco benissimo, nel quale Verdi indaga come solo lui sa fare un rapporto stretto e familiare. Pensiamo a come sviluppa l’amore filiale nel Trittico, tra “Rigoletto”, “Il trovatore” e “La traviata”, ma anche ne “I due Foscari”. Trovo che l’opera lirica di repertorio non possa avere allestimenti o “invenzioni” troppo moderni. Mi piace rispettare una visione classica e tradizionale, che segua anche il linguaggio stesso dell’opera. Che nasce per raccontare storie al popolo e alla gente semplice: questo per me è il nucleo di un lavoro come il mio».
Per alcuni quest’opera può essere addirittura considerata un thriller musicato per la tensione dalla quale è continuamente attraversata, nelle scene, nelle situazioni e nei declamati. Il libretto approntato da Francesco Maria Piave, pur nella riduzione a tre dei cinque atti di «Le roi s’amuse» di Victor Hugo, non si distacca molto dall’originale, anzi, nella maggior parte dei passi si presenta quasi come una traduzione fedele nel raccontare la storia della maledizione, fulcro centrale dell’opera. L’anatema colpisce Rigoletto per aver irriso il conte di Monterone, del quale il Duca di Mantova ha disonorato la figlia. Una sentenza che sembra abbattersi all’improvviso, terribilmente, senza lasciare scampo a Rigoletto. Per cui, la sfida del protagonista consiste proprio nell’esternazione di questa maledizione, che si compie a discapito della figlia, sacrificata con una morte ingiusta destinata a riecheggiare tra le rovine del castello di San Bonifacio.
Info 368.568412. Biglietti in vendita su Vivaticket all’indirizzo www.vivaticket.com/it/ticket/rigoletto-opera-in-tre-atti-di-giuseppe-verdi/267985