Messosi in luce con una serie di fortunate commedie e drammi seri per musica, Vinci si dedicò anche alla forma dell’intermezzo, che aveva la funzione di interrompere la rappresentazione di un’opera seria con teatro musicale di carattere brillante. E uno di questi intermezzi è proprio «L’ammalato immaginario», scritto in occasione de «L’Ermelinda» del 1726 e recuperato per la prima volta in tempi moderni dal Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto in collaborazione con il Centro Studi Pergolesi dell’Università di Milano grazie alle cure editoriali di Gaetano Pitarresi.
Il titolo viene adesso ripreso dal festival Anima Mea nell’allestimento spoletino con la regia di Andrea Stanisci, i costumi di Clelia de Angelis e le luci di Eva Bruno, protagonisti i soprani Chiara Boccabella (a Bari) e Giorgia Teodoro (a Trani) nei panni di Erighetta, la giovane vedova che tenta si accasarsi con Don Chilone, il baritono Matteo Lorenzo Pietrapiana, il quale passa il suo tempo su una sedia a rotelle accudito da una serva-badante, il mimo Diletta Masetti.
L’Ensemble Orfeo Futuro con Davpor Krklijus al cembalo, Giovanni Rota e Giuseppe Corrente ai violini, Valerio Latartara alla viola, Gisela Massa al violone, Gaetano Simone al violoncello, e Paola Ventrella alla tiorba viene diretto dal napoletano Pierfrancesco Borrelli, da diversi anni collaboratore del Lirico Sperimentale nella riscoperta del genere intermezzo, grande patrimonio della scuola napoletana del Settecento.
Composto da Leonardo Vinci su libretto anonimo, «L’ammalato immaginario» rivisita e ricombina elementi presenti nella celebre pièce di Molière (nel frattempo circolata in Italia), anche se questi elementi sono leggibili come temi ricorrenti del repertorio comico: la vedovella in cerca di marito, l’anziano da convincere, il falso dottore che si esprime in un latino maccheronico. Qui, in una trasposizione della vicenda ai nostri giorni, una giovane vedova si fa sposare da un uomo sciocco e ipocondriaco, anche grazie a un travestimento. Ma è il gioco a tre, con il ricorso al mimo-badante, a dare il corretto movimento all’azione, anche attraverso l’inserimento di una sorta di parentesi tra la seconda e la terza parte. Infatti, all’intermezzo manca l’anello drammatico (il contrasto tra i due), per cui per spiegare come tra i due personaggi nasca l’ostilità fino alla rottura, Stanisci e Borrelli hanno preso in prestito due arie da «L’Ernelinda» e un brano strumentale (come il pezzo d’apertura) dal catalogo del compositore e violinista Michele Mascitti, contemporaneo di Vinci.
Info biglietti e prenotazioni 353.4130148 e lamoroso.it/animame
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