Accanto allo «Hanacpachap», un inno mariano in quechua, lingua franca dell’impero Inca, si ascolteranno alcuni anonimi e altre musiche composte in Messico tra Sedicesimo e Diciottesimo secolo da Hernando Franco, Gaspar Fernandes e Juan Garcia de Zespedes, oltre alla «Misa Criolla» di un compositore dei nostri giorni, l’argentino Ariel Ramirez scomparso nel 2010 a settantanove anni.
Il triplo concerto di Anima Mea, realizzato in collaborazione con l’Alac di Cremona e il sostegno del Ministero della Cultura, della Regione Puglia, della Città Metropolitana, del Comune di Bari, del Comune di Palo del Colle e del Comune di Trani attraverso l’assessorato alla Cultura guidato da Francesca Zitoli, intende accendere i riflettori sul periodo dell’occupazione dell’America in cui l’immenso patrimonio culturale del Secolo d’Oro spagnolo approdò nel nuovo continente.
L’incontro tra Vecchio e Nuovo Mondo, per certi versi tragico e distruttivo, produsse una delle sintesi più riuscite e originali della storia della cultura. La musica europea si arricchì di nuovi suoni e ritmi, mentre le lingue indigene più rappresentative trovarono nuova linfa vitale, sublimando il loro potere sacro ed evocativo con le risonanze del barocco europeo.
L’adozione del culto della Vergine da parte dei popoli precolombiani può essere vista come resistenza piuttosto che atto di imposizione e sottomissione. Il culto della Madonna significava, infatti, la possibilità di continuare a venerare la «Pachamama», la Madre Terra, di fronte all’avanzata dei «conquistadores» spagnoli. «Hanacpachap», la prima composizione polifonica del Nuovo Mondo contenuta nel «Ritual, formulario e institución de curas para administrar a los naturales» del francescano Juan Pérez Bocanegra, è, infatti, un inno mariano nella lingua quechua in cui alberi, frutti, stelle e astri possono essere letti da un lato come simboli della Vergine Stella Maris e dei frutti salvifici che porta, dall’altro come elementi coerenti con l’antico culto della «Pachamama».
A sua volta, la «Misa Criolla» di Ariel Ramirez, una sintesi di musica accademica e popolare unica nel suo genere, è stata concepita come opera in cui ritmi e tradizione ispano-americana si intrecciano con la liturgia classica della Santa Messa. L’opera è ispirata e dedicata a due suore tedesche, Elizabeth e Regina Brückner incontrare da Ramirez negli anni Cinquanta, durante un soggiorno presso il convento di Würzburg. Nei lunghi colloqui con le sorelle Brückner, Ramirez apprese che avevano aiutato i prigionieri dei campi di concentramento nazisti: «Per cui, alla fine della storia dei miei cari protettori – racconta Ramirez – ho sentito che dovevo scrivere un’opera, qualcosa di profondo, religioso, che onorasse la vita, che coinvolgesse le persone al di là delle loro credenze, la loro origine o il colore della pelle. Un’opera che si riferisse all’uomo, alla sua dignità, al suo valore, alla libertà, al rispetto dell’uomo per Dio, come suo Creatore».
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