Anche Lecce nello studio sull’andamento degli esercizi commerciali e le attività turistiche nell’arco di dieci anni

93

Chiesa di Santa Irene Lecce

#viviAmolecittà. Osservatorio sulla demografia delle imprese nelle città italiane

LECCE – Sono stati presentati questa mattina in Confcommercio nazionale i dati dell’Osservatorio sulla Demografia delle imprese italiane realizzato dall’Ufficio Studi Confcommercio. Un’analisi dettagliata su come l’evoluzione negli ultimi dieci anni delle attività commerciali, turistiche e dei servizi abbia cambiato il volto delle città, dai centri storici alle periferie.

L’indagine è stata condotta su 120 città, tra cui compare anche Lecce,ed ha permesso di rilevare come a livello nazionale i centri storici, nel periodo compreso dal 2008 al 2018, abbiano perso il 13% dei negozi in sede fissa, -14% al sud con divario di 4 punti percentuali rispetto al centro-nord, mentre rispetto alle periferie il divario è di circa il 3%.

Non sono mancati i dati riguardanti il capoluogo salentino, per il quale emergono trend strutturali e mutamenti della rete distributiva abbastanza consolidati e comuni a tutto il territorio nazionale. «La città di Lecce, dove la presenza del piccolo commercio è particolarmente antica e rappresenta da sempre il principale settore economico del tessuto cittadino – afferma il Presidente di Confcommercio Lecce, Maurizio Maglio – non sfugge a alle dinamiche emerse dallo studio nazionale. La chiusura di tante piccole attività commerciali e la presenza di tanti locali sfitti a piano terra sono oggi un elemento di degrado del paesaggio urbano. – prosegue Maglio – A ciò si aggiunga l’elevato livello di turnover delle nuove attività, che hanno una vita mediamente breve: talvolta nascono come un tentativo di risposta auto-imprenditoriale alla carenza di domanda di lavoro dipendente, ma poi non riescono a stare sul mercato. Nelle città dove molte attività commerciali chiudono e dove si moltiplicano i locali vuoti sfitti, vengono meno presidi di prossimità per il cittadino, si abbassa la qualità dell’ambiente urbano e la qualità della vita del cittadino stesso

Per contrastare tale tendenza, secondo Confcommercio, è necessario attuare politiche di rigenerazione urbana innovative in grado di promuovere valori comuni, in ambito sociale, culturale ed economico, e di favorire l’integrazione tra i vari livelli di governo e tra imprese, società, associazioni e anche singoli individui, creando una governance unitaria tra competenze diverse in un’ottica di multidisciplinarietà. Ne sono un esempio i Distretti Urbani del Commercio che, sulla scia di esperienze virtuose a livello nazionale, anche in Puglia oggi si configurano come strumenti utili per la valorizzazione delle aree urbane e per il sostegno e la promozione del commercio in un’ottica di sinergia tra pubblico e privato, anche nella gestione comune di responsabilità e progetti.

Nell’arco di dieci anni, dal 2008 al 2018, anche nella città di Lecce le attività di commercio al dettaglio sono calate del -12,6%, e specularmente le attività turistiche e di ristorazione sono cresciute del +40%. Tale trend generale, che quindi riguarda tanto le zone centrali commerciali quanto la periferia, interessa anche, più specificamente il centro storico, che sembra vivere anch’esso le metamorfosi di molti centri storici, soprattutto al sud e nelle destinazioni turistiche, con la drastica diminuzione della presenza del commercio al dettaglio tradizionale (-9,5%), ad uso dei residenti, e una generale riconversione in attività ricettive, di ristorazione e di gastronomia (+31,5%).

«Si tratta di un trend decennale, che ha origini antiche e concause multiple e sembra mantenersi anche considerando gli ultimi due anni. – precisa il Presidente Maglio – Dal 2016 al 2018, infatti, le attività di commercio al dettaglio sono calate del -4,8% nel centro storico e del -2,3% nel resto della città, mentre quelle turistiche e food e sono cresciute del +5,3% nel centro storico e del +7,3% nel resto della città.»

«Un fenomeno, questo, – conclude – che potrebbe essere definito di graduale “turistizzazione” delle economie urbane, soprattutto di quelle destinazioni maggiormente interessate da flussi turistici, dove si assiste ad una sostanziale riconversione e trasformazione delle attività commerciali tradizionali, a servizio del residente, in attività ricettivo-ricreative, rivolte ai fruitori occasionali dello spazio cittadino, e una contestuale valorizzazione in questo senso anche del patrimonio immobiliare privato (case antiche che diventano alloggi esclusivi).»