Sanità, ASL di Lecce. Interrogazione di Trevisi (M5S)

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antonio trevisi

“Tutelare gli infermieri precari in servizio da anni”

LECCE – Un’interrogazione urgente a tutela degli infermieri precari da anni in servizio nella Asl di Lecce, che hanno maturato i requisiti per la stabilizzazione, è stata presentata dal consigliere del M5S Antonio Trevisi all’indirizzo del Presidente/Assessore alla Sanità Michele Emiliano.

Nella Asl di Lecce da anni lavorano infermieri precari in possesso dei requisiti previsti dalla “Legge Madia” per la stabilizzazione, il cui operato è stato fondamentale per garantire il corretto funzionamento del servizio sanitario leccese; allo stesso tempo ci sono due graduatorie di mobilità, una interregionale ed una extra-regionale e, mentre la prima è esaurita, la seconda è formata da circa mille candidati. La stessa Asl a dicembre 2016 ha indetto concorso pubblico per la copertura di 100 posti da infermiere, con un provvedimento contro cui hanno presentato ricorso una ventina di infermieri, con contratto a tempo indeterminato fuori provincia e/o Regione, inseriti in graduatorie del 2012 per la mobilità. I ricorrenti in graduatoria rientrano in un percorso di assunzione ordinario, mentre gli infermieri precari attualmente in servizio presso l’Asl Lecce, chiedono la trasformazione in via straordinaria del contratto, da determinato a indeterminato.

La Regione – dichiara Trevisi – deve provvedere con la massima urgenza a fornire alla Asl di Lecce direttive precise, per risolvere il conflitto che si è venuto a creare tra diritto alla mobilità e diritto alla stabilizzazione. I tempi ristretti, connessi anche alle scadenze contrattuali, richiedono risposte immediate, altrimenti i lavoratori precari rischiano di dover tornare a casa. In questo modo non si potrebbero garantire i LEA nella sanità salentina, dal momento che la procedura di mobilità si articola in più fasi complesse e presuppone il nullaosta dell’ente sanitario di provenienza, che non sempre viene concesso considerate le carenze di organico delle aziende sanitarie di altre regioni. Non possiamo permettere – conclude – che a pagare per i ritardi della Regione siano i lavoratori e i cittadini ai quali bisogna garantire il diritto alla salute”.