Morti sul lavoro per Covid in Italia: Puglia tra le regioni più a rischio

57

coronavirus covid-19 venerdìBARI – La mappa della mortalità per Covid sul lavoro non cambia: Lombardia, Campania, Liguria, Abruzzo, Puglia e Molise. Si riconfermano come regioni con il più alto rischio di mortalità per Covid sul lavoro rispetto alla popolazione occupata in 20 mesi di pandemia. Questa la prima proiezione prodotta nell’ultima indagine elaborata dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre sull’emergenza sanitaria nel Paese sulla base di dati Inail. Una mappatura che vede ancora una volta il rischio di mortalità meno elevato in Trentino Alto Adige, Basilicata, Sardegna, Toscana, Calabria e Veneto.

Ed è proprio il Veneto che anche dopo 20 mesi di emergenza sanitaria risulta essere la regione con il minor rischio di mortalità tra le regioni con il più alto numero di occupati. Infatti, rispetto ad un’incidenza media nazionale pari a 32,6, il Veneto fa registrate un indice di 15,6. Ben lontano dai più preoccupanti valori di Lombardia (43,4) e Lazio (34,6). Tra gli indici più preoccupanti si rilevano quelli di Molise (75,7), Campania (56,9), Abruzzo (53,2) e Liguria (44,9). Questo è il nuovo racconto dell’emergenza realizzata dall’Osservatorio mestrino che pone al centro dell’emergenza il rischio reale di mortalità.

I NUMERI DELLE VITTIME REGIONE PER REGIONE

Da gennaio 2020 ad agosto 2021 si contano 747 decessi. Tra luglio e agosto sono state registrate altre 65 vittime che si aggiungono a quelle rilevate a fine giugno 2021 (erano 682). Con un incremento rispetto a giugno pari al 9,5%. “Importante sottolineare, come precisato dall’Inail, che di questi 65 casi, 5 decessi sono relativi a luglio e agosto, 45 al primo semestre 2021 e i restanti 15 infortuni mortali sono da ricondurre al 2020 – spiega Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre – Dati che confermano ancora una volta l’efficacia dei vaccini”.

Intanto spetta ancora alla Lombardia la maglia nera per il maggior numero di vittime sul lavoro per Covid con il 25,6% delle denunce (191 decessi), seguita da: Campania (92 decessi), Lazio (81 decessi), Piemonte (58), Puglia (54), Emilia Romagna (47 decessi), Sicilia (42), Veneto (33), Liguria (27 decessi), Abruzzo (26), Toscana (24), Marche (21), Friuli Venezia Giulia (10), Molise, Calabria, Umbria e Sardegna (8), Provincia autonoma di Trento (3), Valle d’Aosta, Basilicata e Provincia Autonoma di Bolzano (2). Gli uomini rappresentano oltre l’83,1 % delle vittime. La fascia d’età maggiormente colpita è quella che va dai 50 ai 64 anni con il 71,5% dei casi di morte.

Sul fronte della mortalità per settore, scopriamo come l’88% delle denunce di morti sul lavoro per Covid appartiene all’Industria e Servizi. E in questa macroarea produttiva rileviamo ancora il triste primato del settore Sanità e Assistenza Sociale con il 22,8% delle denunce con esito mortale; seguono con il 13% il settore Trasporti e Magazzinaggi e con il 11,9% dei casi le Attività Manifatturiere (lav. prod. chimici, farmaceutica, stampa, ind. alimentare…); con il 10,2% invece si trova il settore dell’Amministrazione Pubblica e Difesa (attività degli organi preposti alla sanità es. Asl, legislativi, esecutivi) e con il 10% quello del Commercio.

E nei 20 mesi di pandemia e di emergenza, anche le professioni più colpite dal dramma sono e rimangono le stesse anche a fine agosto 2021; sebbene si assista ad un’inversione di posizioni per le prime due categorie in graduatoria. E infatti, per la prima volta, salgono al primo posto gli impiegati, addetti alla segreteria e agli affari generali (con il 10,3% dei decessi sul lavoro per Covid) e scendono al secondo posto i tecnici della salute (infermieri, fisioterapisti) con il 9,8% dei casi totali. Seguono conduttori di veicoli a motore (7,8%), i medici (5,2%). E ancora: operatori sociosanitari (4%), il personale non qualificato nei servizi sanitari e istruzione (portantini, ausiliari, bidelli) (3,3%). 

I NUMERI DEGLI INFORTUNI REGIONE PER REGIONE

Le denunce di infortunio totali legate al contagio da gennaio 2020 ad agosto 2021 sono 179.992. L’incremento registrato a fine agosto rispetto a fine giugno è dell’1,7%. L’incidenza delle denunce di infortunio rilevate nel mese di luglio dall’inizio della pandemia è dello 0,4%, ad agosto dello 0,5%. In aumento, dunque, rispetto a quella registrata a giugno che pesava per lo 0,1% sul totale. Ancora sette contagiati su dieci sono donne. La fascia d’età maggiormente coinvolta è quella tra i 50 e i 64 anni (4 contagiati su 10).

Come rilevato per i decessi anche per le denunce di infortunio totali è l’Industria e Servizi il macrosettore più colpito con il 96,9% dei casi. E così accade anche per il settore più colpito, ovvero quello della “Sanità e Assistenza Sociale” che fa registrare anche dopo 20 mesi di pandemia (quindi a fine agosto 2021) il più elevato numero di denunce (il 65,2% del totale). A seguire troviamo: il settore dell’Amministrazione Pubblica (vale a dire: attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali) con il 9,2% delle denunce; il settore dei servizi di vigilanza, attività di pulizia fornitura di personale e call center (4,4% delle denunce); trasporto e magazzinaggio (3,7%) e le Attività Manifatturiere (3,1% delle denunce).

Per quanto riguarda la classifica delle professioni maggiormente coinvolte dall’emergenza, si confermano anche a fine agosto 2021 i tecnici della salute con il 37,4% delle denunce di infortunio. Seguiti dagli operatori sociosanitari OSS (assistenti nelle case di riposo) con il 18,3% delle denunce; dai medici (8,5%), e dagli operatori socioassistenziali (nelle strutture ospedaliere) 6,9%. E ancora dal 4,7% del personale non qualificato nei servizi sanitari e istruzione (portantini, ausiliari, bidelli); dal 4,6% di impiegati amministrativi; dal 2,3% del personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli.

Sempre la Lombardia in testa alla graduatoria delle denunce di infortunio legate al Covid con il 25,3% del totale nazionale. Seguono: Piemonte 13,1%, Veneto 10,6%, Emilia Romagna 8,4%, Lazio 6,7%, Campania 5,8%, Toscana 5,4%, Liguria e Puglia 3,8%, Sicilia 3,2%, Friuli Venezia Giulia 2,5%, Marche 2,4%, Provincia Autonoma di Trento, Abruzzo, Provincia Autonoma di Bolzano e Sardegna 1,6%, Umbria e Calabria 0,8%, Valle D’Aosta e Basilicata 0,5% e Molise 0,3%.