Lecce

Lecce, Attività Chirurgia Plastica ricostruttiva all’Ospedale “Vito Fazzi”

50 interventi l’anno per restituire alla donna la propria femminilità

LECCE – Restituire alla donna la propria femminilità e dignità, anche dopo un intervento per asportare un tumore al seno. Al “Vito Fazzi” di Lecce la Chirurgia Plastica ricostruttiva post-mastectomia è un’esperienza ormai collaudata, con almeno dieci anni d’attività alle spalle e buoni risultati: 50 interventi ricostruttivi l’anno (di cui 20 in primo step e 30 in secondo step ricostruttivo), al ritmo di uno a settimana, sono un biglietto da visita di tutto rispetto.

A guidare il reparto, 15 posti letto con sette medici e undici infermieri in organico, c’è il direttore facente funzioni Vincenzo Albanese, che ci tiene a chiarire un luogo comune legato alla chirurgia plastica: «La Chirurgia ricostruttiva oncologica è il nostro obiettivo. L’estetica è certamente importante, perché la mammella è un organo fondamentale per la femminilità e la sessualità della donna, ma non è il fine ultimo. Siamo comunque attenti anche a questi aspetti, tant’è che quando posizioniamo la protesi definitiva pensiamo anche all’adeguamento della mammella controlaterale per rendere i seni quanto più possibili simili e naturali».

Più difficile, invece, smontare certi luoghi comuni sulla Sanità e il Sud: «Sono ancora tante le donne che si affidano a centri del Nord – rimarca Albanese – dove eseguono la stessa topologia di interventi e addirittura più di qualcuna giunge alla nostra osservazione per insoddisfazione del risultato. La nostra è una realta consolidata e affidabile, forse se ne parla poco e sta a noi farla conoscere: molto spesso il passaparola, grazie ad esperienze positive, è il miglior veicolo per far riscoprire la buona Sanità che abbiamo anche a casa nostra».

Al “Fazzi”, del resto, si curano con la stessa efficacia il corpo e la psiche, poiché l’obiettivo finale è che l’intervento lasci meno segni e conseguenze possibili e non venga vissuto come una mutilazione. Per ogni donna viene scelta la strategia più adatta, ricostruendo e rimodellando la mammella grazie all’impiego delle diverse tecniche durante interventi immediati o contestuali oppure con il posizionamento differito di protesi, dopo la collocazione di un espansore sotto il muscolo pettorale. «Le tecniche ricostruttive sono varie – spiega il chirurgo plastico – e la scelta che facciamo dipende dalla situazione che residua dopo una mastectomia radicale o un intervento più conservativo. L’operazione chirurgica, a seconda della estensione, localizzazione e caratteristiche istologiche del tumore, può risparmiare parte della cute, l’areola o il capezzolo e la ricostruzione deve basarsi su queste condizioni di partenza. La grande qualità della tecnica sta nel poter prendere decisioni così delicate insieme al chirurgo generale, anche contestualmente alla mastectomia da eseguire e, di conseguenza, alla ricostruzione che sarà realizzata anche in tempi successivi, ingrandendo l’altro seno o rimpicciolendolo, o altro per una migliore simmetria».

Fondamentale, poi, il lavoro in team multidisciplinari: «La nostra attività – sottolinea Albanese – si svolge all’interno della Breast Unit. Qui le pazienti sono valutate dal senologo e dalle altre professionalità coinvolte, poi i casi chirurgici vengono indirizzati alla nostra unità che li prende in carico per stabilire i successivi passaggi. Con la Rete Oncologica questo percorso può solo migliorare, perché si sta affinando ulteriormente l’organizzazione, l’ingresso, la valutazione e l’assistenza ai singoli casi».

Non solo casi oncologici, però, perché la Chirurgia Plastica si occupa di molto altro: «Siamo orientati verso la ricostruzione oncologica post-chirurgica della mammella – conferma il direttore – ma siamo anche specializzati nella prevenzione, trattamento e cura dei melanomi, microchirurgia di elezione, chirurgia della cute, della mano o quella post-traumatica del volto e degli arti». Infine, c’è il “dopo”: «La paziente viene seguita anche dopo l’intervento, non viene abbandonata a se stessa. Si esegue un follow up fino a dieci anni, per rivedere la mammella e controllarla. Anche le protesi vanno controllate periodicamente, poiché al di là delle alterazioni strutturali possibili, possono comunque dare qualche problema: i controlli – conclude Albanese – servono proprio a intercettare eventuali fastidi molto precocemente».

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