Bari

Bari: “Game Changers” contro ludopatia, bullismo e cyberbullismo

Concluse le attività del progetto finanziato dall’Assessorato al Welfare con il 5 x 1000

BARI – Si è concluso il progetto sociale “Game Changers”, una delle iniziative promosse dall’assessorato al Welfare e finanziate con il 5 per 1000 dei cittadini baresi. Si tratta di un progetto per minori dai 13 ai 16 anni proposto e realizzato dalla cooperativa sociale C.A.P.S., al fine di contrastare le dipendenze, la ludopatia e i fenomeni legati al bullismo e al cyber bullismo.

La cooperativa si è avvalsa del supporto tecnico dell’associazione culturale TouPlay per incidere su specifici comportamenti a rischio sotto l’aspetto “sanitario o sociale”, promuovendo il protagonismo dei ragazzi per sviluppare la loro consapevolezza e competenza ed essere promotori del loro benessere all’interno della scuola e/o del territorio.

In particolare, Game Changers rappresenta un’innovativa proposta fondata sul gioco di ruolo che ha previsto attività nel corso delle quali i ragazzi si sono cimentati in laboratori manuali e di recitazione e drammatizzazione nei Larp (giochi di ruolo dal vivo).

Due le fasi che hanno visto impegnati i partecipanti: la prima caratterizzata da un laboratorio di 18 ore rivolto a un gruppo di adolescenti individuati dai servizi sociali del territorio, la seconda dal coinvolgimento di circa 300 alunni di terza media. I ragazzi sono stati impegnati attraverso un vero e proprio gioco di ruolo alla scoperta di una Bari sconosciuta svolgendo attività proposte dall’equipe volte all’implementazione di condotte virtuose di mutuo aiuto e alla prevenzione di comportamenti di tipo disfunzionale, come bullismo, cyberbullismo, dipendenze e ludopatie. L’esperienza, nel complesso, ha rappresentato un percorso di peer-education in cui i partecipanti si sono messi in gioco e hanno acquisito delle conoscenze all’interno di un gruppo di coetanei.

Alla prima fase del progetto hanno partecipato 8 ragazze e ragazzi di età compresa tra i 14 e i 17 anni e con disagio psicologico o in situazione di vulnerabilità sociale. La seconda sessione del progetto ha invece coinvolto 15 classi di terza media dei quartieri Santo Spirito, San Paolo e Libertà.

Il progetto ha consentito ai minori di affrontare:

– la conoscenza del territorio: luoghi, personaggi e l’ambientazione sono frutto di una collaborazione con storici locali e rappresentano un accurato strato storico da cui si dipanano le vicende giocate. Un vero e proprio processo di “gamification” con applicazione didattico-ludica;

– lavorare insieme: le fazioni ricevevano input e indizi collettivamente e dovevano necessariamente strutturare un’organizzazione del lavoro condivisa per poter andare avanti nel gioco di fase in fase;

– trovare connessioni tra le informazioni: il gioco richiedeva, tra le altre cose, la capacità di collegare informazioni diverse contenute in supporti differenti. Gli indizi fotografati con i propri smartphone e gli appunti presi su carta durante il corso dell’indagine dovevano, nella fase finale del gioco, coesistere in una cornice di senso in quello che veniva definito il “dossier finale”;

4. Usare strumenti tradizionali e digitali: strumenti didattici tradizionali (carta, penna, schede) coesistevano con lo smartphone che forniva un supporto indispensabile ma inutile senza la dimensione “cartacea”.

Elemento chiave per entrambe le fasi è stata la scelta del gioco come modello per interpretare la complessità del mondo, e questo nell’età particolarmente sensibile per lo sviluppo: tra gli 11 e i 14 anni, il ragazzo impara letteralmente a “collocarsi” nel mondo. Si tratta di una grande manifestazione della personalità.

Il gioco trae origine da questo bisogno interiore: fornisce fiducia nelle sue possibilità (riesco a fare una particolare azione), capacità di prendere coscienza della realtà che lo circonda (oggetti e persone sono legate da relazioni causa-effetto) e lo mette in condizione di modificarla a suo piacimento (oggetti vari possono essere utilizzati per costruire, per distruggere o per entrambe le cose contemporaneamente), realizzando desideri impossibili (fingere di essere qualcosa o qualcuno per esempio imitando), compensando le frustrazioni (in una dimensione di gioco sano non esiste performance e quindi non esiste il fallimento), scaricando le ansie e liberandosi dalle angosce (il pensiero e l’azione sono direzionati verso un’attività anche stancante ma in una dimensione priva di giudizio). Inoltre il gioco consente di dirottare gli impulsi distruttivi verso attività socialmente accettabili.

L’attività ludica, in conclusione, avvia il ragazzo alla conoscenza di ciò che accade intorno a lui e stimola lo sviluppo delle funzioni cognitive: con il gioco adatta le situazioni ai suoi scopi, ne analizza le caratteristiche e stabilisce le relazioni tra vari elementi della realtà.

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