A Bari la mostra di Omar Galliani

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BARI – Il calendario culturale della città di Bari apre il nuovo anno con un’imperdibile mostra personale dedicata a Omar Galliani, artista fra i massimi esponenti del disegno e della pittura italiana, considerevolmente affermato e stimato nel panorama internazionale dell’arte contemporanea.

Il percorso espositivo – la cui cura è affidata al gallerista Giuseppe Benvenuto, affiancato dalla storica dell’arte Sara Maffei – sarà inaugurato presso la Contemporanea Galleria d’Arte nella giornata del 15 Gennaio 2022, restando aperto al pubblico fino al 13 Febbraio 2022.

Professore di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, Galliani nasce a Montecchio Emilia e, dopo una laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e le esperienze concettuali degli anni Settanta, abbraccia la figurazione e la tecnica disegnativa, senza mai più separarsene. Sul finire del decennio, mette in scena la sua prima mostra personale, Rappresentazione di una rappresentazione, curata da Giovanni Maria Accame e negli anni Ottanta è esponente del gruppo degli Anacronisti, teorizzato da Maurizio Calvesi, e del magico Primario, fondato da Flavio Caroli: esperienze artistiche che guardano ai maestri del passato ed auspicano un ritorno alla tradizione e alla figurazione. Gli anni Ottanta infatti segnano, come afferma Caroli ne I sette pilastri dell’arte di oggi, il cosiddetto “ritorno alla manualità”, passando dal Concettuale al ripristino di quell’eterna tecnica fatta di pennelli e colori, e ponendosi dalla parte della potenza espressiva, della bellezza e di un’arte intesa come vita.

In seguito, presenta i suoi lavori alle Biennali di Venezia del 1982, del 1984 e del 1986; alla Biennale di San Paolo del Brasile del 1981, a quella di Parigi e Tokyo del 1982 e alla Quadriennale di Roma del 1986 e del 1996. Alla fine degli anni Novanta presenta Feminine Countenances alla New York University e alla I Biennale di Pechino del 2003 vince il primo premio ex aequo con Georg Baselitz. Di recente, nel 2018, dona alle Gallerie degli Uffizi di Firenze il suo monumentale autoritratto, un disegno a grafite e inchiostro nero su tavola di pioppo, in cui si ritrae in contemplazione, con il profilo rivolto verso un cielo scuro e puntellato di stelle, elementi ricorrenti del suo fare arte. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo ed entrano a far parte di collezioni permanenti di importanti musei e sedi espositive, fra cui il Palazzo della Farnesina di Roma, i Musei Vaticani, il MAMbo di Bologna, la Kunsthalle di Norimberga, la GAM di Torino ed il NAMOC di Pechino.

Il tema cui lo spettatore è invitato a fare esperienza in questa personale è la bellezza femminile, declinata nelle sue molteplici sfaccettature e connaturate contraddizioni.
Indiscusse protagoniste delle quali la prestigiosa mostra racconta la bellezza, attraverso quindici tavole di grande formato, sono le donne: si tratta di una bellezza che è al contempo corporea ed eterea, ossia del corpo e dello spirito, e che sa farsi con estrema naturalezza l’opposta del suo contrario. Galliani realizza un’arte che cela il mistero della femminilità, inventando un universo femminile caratterizzato da un’intrinseca e ricorrente dualità in cui l’elemento del doppio si rivela essere una costante. L’ineffabile presenza di questa donna fatale e vestita di purezza si muove tra sensualità e iperboreo distacco, alla maniera delle autorevoli madonne munchiane dalle rosse aureole, sacre e profane al tempo stesso nel loro emergere pallidamente da un fondale scuro, con gli occhi socchiusi in un’estasi provocante.

I monumentali e raffinati disegni del maestro di Montecchio Emilia sono combinazioni di bianco e nero, realizzati a grafite, carboncino, pastelli, tempera e inchiostro, impreziositi da sprazzi vibranti di colore rosso che, come ricami sanguigni, si sovrappongono al disegno, pregnanti di valenza simbolica. Fra le magnetiche figure del repertorio artistico ricorrente incontriamo rimandi del mondo vegetale, rose e teschi – che simboleggiano l’irrefrenabilità dello scorrere del tempo – spade, forbici, draghi e gocce d’acqua; l’acqua in particolare è un elemento molto caro all’artista con cui impreziosisce le chiome femminili. I colori dominanti del rosso e del nero lasciano così prefigurare la venerazione di una donna che può anche condurre alla morte, là dove il primo richiama l’eros, il sangue, la pulsione e l’istinto di vita; il secondo thanatos, personificazione maschile della morte.

Si fa sapiente la dialettica fra il sacro e il profano, pudicitia e voluptas, entro cui la donna è al contempo apollinea e dionisiaca. I due aspetti necessari all’arte di nietzschiana memoria, il dionisiaco e l’apollineo, si moderano a vicenda ognuno nel suo contrario, fondendosi nell’armonia di una danza fluttuante, entro cui l’estasi dell’essenza si raggiunge nel sogno e nell’ebbrezza. Al contempo, dionisiaco è anche il fondo scuro, emblema di un caos sensoriale ed emozionale da cui emerge l’ordine della bellezza, sotto forma di apollinea perfezione femminile.

La forza del contrasto chiaroscurale, derivato dalla virtuosa dicotomia tra la luce e l’ombra, rafforza ulteriormente questo dualismo inscindibile che fonde insieme due facce opposte e complementari di una stessa medaglia: l’una pura e angelicata, l’altra carnale e passionale, trasmettendo nel medesimo istante una voluttà dal sentore dolcemente malinconico ed una misteriosa innocenza. La condizione notturna, l’oscurità, il buio giocano un ruolo di prim’ordine nell’arte di Galliani perché rendono possibile l’emergere della luce, compiendo un armonioso equilibrio tra i contrasti. La stessa notte, questa oscurità immensa trapunta di stelle, dove succedono cose strane e meravigliose, con la sua luce lunare associata al principio femminile, diviene musa ispiratrice dell’estro creativo del maestro, com’è possibile evincere dalle sue parole: «Le opere che amo di più le ho disegnate la notte. A volte la luce è troppo forte e gli occhi non vedono ciò che vuoi vedere».

Nel loro emergere dallo sfondo oscuro, le creature diafane sono nel medesimo istante evocate e smaterializzate, sembrano dissolversi sul punto di apparire: attraverso una rigorosa accuratezza del tratto a matita, Galliani riproduce una delicata sfocatura dell’immagine, facendo uso dell’espediente tecnico dello sfumato leonardesco. Questa invenzione si realizza grazie ad un particolare uso del carboncino e prende le distanze dall’uso prevalente della linea, tipico della pittura del Quattrocento; Leonardo infatti si allontana dalle linee incisive del Verrocchio, suo maestro, rende i contorni di figure meno netti e pronunciati, i tratti più morbidi ed i toni più attenuati. Galliani si fa ereditiere della tradizione rinascimentale italiana e rispetta con maestria il precetto del maestro della Gioconda, il quale invita a fondere le ombre e le luci come il fumo. Ne deriva un’atmosfera morbida e fumosa, vicina ai lavori del Parmigianino e del Correggio, ammirati dal maestro in tenera età presso la Galleria Nazionale ed il Duomo di Parma.

Ad accomunarlo a Leonardo non è solo l’uso dello sfumato ma anche la rappresentazione delle emozioni, conferendo a queste ultime voce e spazio. Leonardo raffigura i moti dell’animo dei suoi morbidi ritratti femminili, lasciando agli occhi la parola e prestando molta attenzione alle espressioni del volto umano. Anche Galliani rappresenta i sentimenti delle figure femminili che, come epifanie ineffabili, emergono sovrappensiero dalla tenue penombra e fanno svelamento di un’interiorità pregnante di mistero sensuale. Nell’estatica sublimazione del volto di donna e attraverso un magnetismo pittorico che dà pieno potere allo sguardo, il pensiero si fa materia e portavoce di un’emozione taciuta perché, là dove la parola è assente, sono gli occhi a comunicare: che siano aperti, socchiusi, chiusi e rivolti verso un’interiorità pensosa, di sbieco, timidi o sfrontati, essi parlano il linguaggio dell’anima e consentono un’intensa connessione.

Così la donna, questa creatura fra ombra e luce, sensualità e distacco, bianco e nero, in bilico fra realtà e immaginazione risolve il proprio enigma antitetico nell’elemento della sfumatura, permettendo alle polarità di mescolarsi in un armonioso equilibrio dinamico.